Sono molte le notizie di testate giornalistiche che denunciano, sempre con maggiore diffusione, le problematiche relative al fast fashion. Quali sono i maggiori punti in discussione quando si parla di fast fashion? Sfruttamento dei lavoratori, impatto ambientale, inquinamento e rifiuti.

Sono sempre più diffuse infatti immagini e video che riprendono le pessime condizioni di lavoro in stabilimenti siti in diverse zone del continente asiatico e il conseguente sfruttamento di personale pagato pochi centesimi al capo. Una delle caratteristiche di questi capi, infatti, è la velocità con cui vengono prodotti, diffusi e conseguentemente dismessi.

E qui introduciamo il secondo punto e cioè l’impatto ambientale. Per le massive produzioni di capi di abbigliamento sono necessari migliaia di litri di acqua al giorno con un conseguente spreco idrico e utilizzo massimo di fertilizzanti e diserbanti chimici che vengono poi adsorbiti dalle falde. Da qui anche il massivo inquinamento causato da queste produzioni dove si utilizzano Piombo, PFAS e ftalati in concentrazioni anche 20 volte superiori rispetto alle quantità ritenute sicure. Ultimo, ma non per importanza, è l’aspetto legato ai rifiuti, in quanto prodotti di bassa qualità hanno anche vita piuttosto breve negli armadi con conseguenti produzioni di tonnellate di rifiuti tessili prodotti giornalmente.

Qual è la strategia dell’UE riguardo l’industria tessile? Ovviamente lo scopo è quello di essere più sostenibili possibili e quindi applicare alcune regole che permettano di garantire una maggiore sicurezza in termini sia di salute che di ambiente.

La Commissione Europea a marzo 2022 ha impostato una nuova strategia per l’industria tessile che verte ad eliminare totalmente le sostanze chimiche nocive nelle lavorazioni tessili. La nuova strategia sarà basata su alcuni punti focali: design ecologico, informazione più chiara e impegno aziendale. Per un design più ecologico sarà richiesto che i tessuti rispettino standard più elevati in termini di sostenibilità e siano privi di sostanze chimiche come metalli pesanti, PFAS o sostante organiche volatili con ftalati. I prodotti saranno corredati di “passaporto digitale” in modo da garantire la massima diffusione di informazioni chiare sull’origine del capo e infine le aziende saranno spronate a ridurre l’impronta di CO2 e creare condizioni di lavoro più rispettose dell’ambiente e dei lavoratori.

Vista la sempre crescente necessità di controllare i capi di abbigliamento vediamo come affrontare la sfida analitica legata al settore tessile, ecco gli argomenti più importanti: