Formazione del cromo esavalente nei processi conciari
Il processo di concia delle pelli prevede, nella maggior parte dei casi, l’utilizzo del cromo trivalente (CrIII) utilizzato sotto forma di Solfato Basico di Cromo: Cr2(OH)2(SO4)2.
La concia al cromo rappresenta circa l’80-90% della produzione di pelli; i sali di cromo prodotti durante la concia hanno la tendenza a formare legami molto stabili con la pelle umana, secondo quanto riportato nella reazione:
Cromo trivalente e cromo esavalente
Il cromo è presente in natura, prevalentemente in due stati di ossidazione: il cromo trivalente (CrIII) e il cromo esavalente (CrVI). Questi due stati di ossidazione, da un punto di vista biologico, hanno un comportamento completamente diverso, dando luogo ad un vero e proprio “paradosso del cromo”. Il cromo trivalente infatti non ha proprietà tossiche e anzi è un micronutriente per gli animali e per gli uomini. Il cromo esavalente invece induce trasformazioni morfologiche, neoplastiche e mutagenicità.
Nei processi di concia, come detto, non viene utilizzato il Cr(VI). Il cromo VI si può però formare in seguito all’ossidazione del cromo trivalente utilizzato. Diversi fattori possono provocare l’ossidazione del cromo, come ad esempio la presenza dell’aria ad un pH elevato, il foto-invecchiamento (ossidazione causata dall’esposizione solare), l’invecchiamento termico (ossidazione causata da calore).
Le restrizioni sul cromo esavalente
Come accennato precedentemente, i composti del Cr(VI) sono classificati come cancerogeni e quindi i prodotti devono essere testati in modo da garantire un contenuto di Cr(VI) inferiore ai 3ppm. Le restrizioni sul Cr(VI) sono riportate nel Regolamento UE 301/14, riguardo il rischio di sensibilizzazione cutanea per contatto con articoli di cuoio che prevede la determinazione del Cr(VI) alla fine dei processi di concia.
L’ossidazione del cromo è evitabile se si sottopone la pelle ad un trattamento di acidificazione finale, ma questo tipo di trattamento non può garantire che il processo di ossidazione non si verifichi qualora il pellame venga sottoposto a luce, calore o altri agenti tipicamente ossidanti nel corso del tempo. Per questo motivo, oltre il controllo del Cr(VI) sui pellami finiti è molto importante eseguire lo stesso tipo di test anche dopo un invecchiamento artificiale. Nel settore, infatti, viene definito come “cuoio stabile” un prodotto che dopo invecchiamento in condizioni di elevata temperatura e bassa umidità non mostra la formazione del Cr(VI).
Valutazione del Cr(VI) dopo l’invecchiamento artificiale
Il controllo del valore di Cr(VI) viene eseguito secondo la metodica ufficiale UNI EN ISO 17075, che prevede un metodo colorimetrico: l’invecchiamento termico del cuoio a 80°C per 24 ore ad una umidità relativa R.H. dallo 0 al 20% cerca proprio di accelerare la conversione del Cr(III) a Cr(VI), in quanto è noto che la velocità di una reazione chimica aumenta all’aumentare della temperatura. Misurando il Cr(VI) prima e dopo invecchiamento artificiale, è possibile valutare se i trattamenti effettuati per la produzione del cuoio siano stati efficaci o meno ai fini dell’ossidazione del Cr(III).
Test di invecchiamento
I test di invecchiamento possono essere condotti in diverse condizioni e i manufatti, sia appena prodotti che dopo test accelerati; vengono estratti in una soluzione tampone di fosfato a pH compreso tra 7,5 e 8 e poi trattati con difenilcarbazide, per essere infine analizzati con spettrofotometria UV-Vis a una lunghezza d’onda di 540nm.
Per questo tipo di analisi la soluzione analitica più adatta è rappresentata dalle camere climatiche a clima costante e dagli spettrofotometri UV-Vis.
Le camere climatiche Binder della serie KMF sono dotate di alcune caratteristiche di fondamentale importanza per la realizzazione dei test di invecchiamento in modo affidabile e performante:
• Intervallo di temperatura: da -10 °C a 100 °C
• Intervallo di umidità: dal 10 % U.R. al 98 % U.R. e dallo 0% con l’abbinamento di un essiccatore
• Tecnologia con camera di preriscaldamento APT.line™
• Regolazione dell’umidità con sensore capacitivo e umidificazione a vapore
• Camera interna realizzata interamente in acciaio inox
• BINDER Multi Management Software APT-COM™ Basic
Le caratteristiche indicate permettono di lavorare in modo affidabile e riproducibile. I Test di invecchiamento, inoltre, risultano maggiormente affidabili se vengono eseguiti con sistemi che possano garantire specifiche condizioni spaziali e temporali nel lungo periodo. L’omogeneità di temperatura e umidità in una camera climatica per test di invecchiamento è di primaria importanza, come definito nella norma DIN 12 880:2007, che impone una misura minima in 15 punti. Con i sistemi Binder la misura viene eseguita in 27 punti, garantendo misure più affidabili in quanto eseguite con un numero maggiore di sonde. Binder garantisce uniformità ottimale anche a pieno carico, senza necessità di distanziare i campioni e garantendo una fluttuazione spaziale di 0,2°C/0,3°C e una fluttuazione temporale di 0,1°C.
Un ulteriore accorgimento tecnologico, che permette di lavorare in modo affidabile anche in presenza di materiali soggetti ad ossidazione, è il sistema di evaporazione in acciaio. Molte case di moda hanno scelto i sistemi Binder proprio per la presenza dell’evaporatore in acciaio e perché possiedono un sistema di umidificazione che elimina l’acqua residua impedendo il ristagno.
Analisi spettrofotometrica UV-VIS del cromo esavalente
Una volta eseguiti i test di invecchiamento, le analisi spettrofotometriche sulle soluzioni possono essere eseguite con lo spettrofotometro Specord 210 Plus di Analytik Jena. Sebbene la lettura colorimetrica del complesso cromoforo alla lunghezza d’onda di 540 nm non presenti particolari complicazioni, avere a disposizione uno strumento sensibile e flessibile può fare la differenza per raggiungere le più basse concentrazioni di Cr(VI) in soluzione ed offrire un migliore servizio analitico per le valutazioni di invecchiamento descritte in precedenza. Questa la reazione chimica coinvolta:
Lo strumento Specord 210 Plus mette a disposizione dell’operatore le seguenti caratteristiche:
- range spettrale esteso tra 185 -1200 nm
- fenditure selezionabili tra 0.2 e 4 nm
- doppio detector CDD raffreddato peltier
- filtro ossido di olmio pre-installato interno
- accuratezza lunghezze d’onda ± 0.1 nm
- accuratezza fotometrica ± 0.003 Abs
- velocità di scansione 12.000 nm/min
- software AspectUV completo di tutti i moduli (fotometria, cinetica, colorimetria, termometria)
A titolo di esempio riportiamo due possibili range di lavoro per i test di invecchiamento della pelle, con letture effettuate a cammino ottico 1cm e 5cm. Attraverso le caratteristiche di Specord 210 Plus è possibile coprire efficacemente un range esteso tra 0.002 – 0.05 mg/L (cuvetta da 5 cm) e tra 0.05 – 1 mg/L (cuvetta da 1cm) di Cr(VI) in soluzione con lettura diretta, grazie anche al basso rumore di background strumentale in particolare con le letture a più elevato cammino ottico.
Come si legge dai grafici la correlazione R2 realizzata è sempre maggiore di 0.999 a riprova della robustezza del banco ottico Analytik Jena, costituito con elementi in quarzo che il costruttore tedesco garantisce per 10 ANNI dal momento dell’installazione.
Ai sistemi Specord 210 Plus è inoltre possibile combinare moltissimi accessori, tra cui cambiacelle automatici interni nel vano di lettura e autocampionatori esterni per letture fino a 50 campioni in sequenza senza intervento dell’operatore.